UTOPICAMENTE

L’ombra.

Gli angoli ciechi della nostra umanità: quei pensieri bui, tutto tappato, tutto chiuso, non so come fare. E quelli distruttivi. Quelli senza speranza, che ci convincono quanto impotenti siamo. Quelli che incolpano, arrabbiati con “loro” e con noi stessi.

I nostri fantasmi.

Tutto quello che nascondiamo. Tutto quello che mascheriamo, travestiamo.

 

La nostra ombra è quella parte di noi che ci rifiutiamo di accettare e che inevitabilmente proiettiamo all’esterno. Lo faccio io. Lo fai tu. Lo facciamo tutte e tutti, senza rendercene conto.

Quella mancanza di chiarezza interna che si affretta a dividere il mondo esterno con rigida chiarezza in buoni e cattivi, degni e indegni, non importa se per via della razza, del credo religioso, delle differenze di genere, del ceto sociale, dell’erudizione, o di standard illusori di presunta perfezione fisica, intellettuale, morale, comportamentale.

 

L’ombra collettiva del genere umano sono le parti da ognuno di noi respinte, negate, messe tutte insieme, come una nube gigantesca che rabbuia e raffredda il pianeta Terra.

O come un enorme cervello schizofrenico.

Se non decidiamo di diventare coscienti di chi e cosa siamo, siamo sempre stati e sempre saremo, al di là di quello che abbiamo imparato a credere di essere, il mondo là fuori, quello che chiamiamo società, rischia di implodere. Letteralmente.

Come una depressione collettiva: una rabbia distruttiva rivolta al sé, che come un tarlo erode la voglia di gioire e soffrire – la voglia e la forza di vivere.

 

La mia stessa avidità – desiderare in modo insano, ossessivo, un qualcosa sempre appena al di fuori della mia portata – contribuisce a livello sociale a carestie e inflazioni.

 

 

La mia stessa arroganza – giudicare il mio valore paragonandolo a quello degli altri e voler a tutti i costi dimostrare la mia presunta superiorità – contribuisce ai conflitti e alle barbarie della guerra contro i miei simili.

La mia stessa ignoranza – vivere solo d’impulso, spinto solo dall’istinto di sopravvivenza animale a breve termine, privo del lume della ragione – contribuisce a un mondo debole e malato, nel corpo e nella mente, che sono due facce della stessa moneta, la vita tutta.

In un mondo in cui gli esseri umani negano la propria stessa oscurità, il sistema sociale collassa, si ripiega su e in se stesso.

È già successo.

Tante volte nel corso della storia umana. Inconsapevoli del perché è successo. Sono stati definititi corsi e ricorsi storici, o Karma (che vuol dire “azione compiuta”) o coazione a ripetere…

 

 

Noi esseri umani abbiamo perso il contatto con una naturale spiritualità che ci unirebbe ai nostri simili nel fulcro della nostra potente e preziosa umanità condivisa, creando una pace da mantenere attivamente, anziché dividerci nella guerra per l’illusoria supremazia di un gruppo di eletti, di una razza, in nome di un presunto dogma divino.

 

 

Abbiamo ripetutamente perso il contatto con la fonte, la misteriosa e meravigliosa forza o energia vitale che pulsa in questo universo, nelle stelle e nei pianeti, così come nelle montagne, nella fauna e nella flora che ci circondano; così come dentro ognuna, ognuno di noi.

E ci sentiamo deboli, impotenti; ci sentiamo sconfitti dalla nostra stessa oscurità negata, che ci ripete nei momenti di stanchezza e di stress il mantra che non siamo abbastanza questo o quello.

 

 

Non siamo abbastanza: lo slogan della nostra ombra. Una bugia tossica che ci fa affondare nelle sabbie mobili del dubbio e nell’abisso della paura di non riuscirci, di non farcela.

E noi – i proiettori – proiettiamo questo senso d’impotenza nel mondo – il proiettato – creando dogmi rigidi e sistemi dittatoriali che sopprimono la nostra reale natura: che siamo abbastanza, così come siamo, nella nostra umanità perfettamente imperfetta, e sempre in evoluzione come la vita tutta in questo universo infinito.

 

 

Che tutte e tutti possediamo un valore inestimabile che non ci rende superiori né inferiori a nessuno, che non può essere aumentato da pregi né diminuito da difetti, che ci da la forza di assumerci la responsabilità di agire per attuare il cambiamento; la responsabilità della nostra felicità: costruire dentro una fiducia incrollabile di potercela fare qualunque cosa accada nella vita.

Già, troppo semplice…

 

 

Esiste in noi, di fatto insito nella vita stessa, un potenziale inesplorato oltre le percezioni fisiche, limitate da quello che la mente riesce a misurare, calcolare, oltre quello che le nostre reazioni automatiche c’impediscono di fare – o smettere di fare – quando l’emotività prende il sopravvento.

 

 

Imparando ad accettarci completamente ci potremmo rendere conto che “non sono abbastanza” è un concetto astratto, una conclusione distorta della nostra mente, una traccia alimentata da esperienze e situazioni traumatiche vissute – e alle quali siamo sopravvissuti.

Quando esprimiamo la nostra vera natura attraverso le nostre azioni parole e pensieri, ci rendiamo conto che creiamo il mondo intorno a noi attraverso immagini olografiche della realtà.

 

 

L’ombra negata, non riconosciuta, messa a tacere, si manifesta dentro di noi e fuori nel mondo sempre più intensamente, e noi crediamo sia un destino ineluttabile – lo sosteneva Jung.

La negazione e la repressione violenta dei desideri, degli impulsi distruttivi, paradossalmente non ci libera e non ci rende più buoni, bravi, puri e perfetti: rende la nostra ombra più densa, più forte, oscurando i raggi luminosi del sole, come una spessa coltre di nubi temporalesche.

 

 

Sarebbe necessario a livello individuale e collettivo iniziare seriamente e sinceramente a renderci conto di come il nostro ego – la collezione di tutto ciò che abbiamo imparato a credere vero di noi, degli altri, di tutti gli aspetti della vita – reagisce al mondo intorno a noi.

In che modo il mondo è uno specchio popolato di riflessi di parti di me negate dalla colpa e dalla vergogna – credenze universali.

 

 

In che modo la società è l’ombra del corpo di ogni individuo.

Raddrizzando il corpo l’ombra lo segue: anch’essa si raddrizza.

Renderci conto che quello che ci separa le une dagli altri sono le nostre percezioni inquinate da quelle esperienze passate traumatiche, che hanno generato ferite e paura dell’altro e di noi stessi in quanto esseri inaccettabili come siamo, potrebbe rendere il cambiamento una reale possibilità nel presente, adesso.

 

 

La bellezza di un’alba e di un tramonto, della luna piena che risplende nel cuore della notte, sono un riflesso della nostra stessa bellezza. Una bellezza che può risplendere in ognuna e ognuno di noi, al di là delle differenze individuali, dei pregi, dei difetti, degli errori, dei traguardi e delle sconfitte lungo il cammino della vita.

Pur non potendo mai eliminare del tutto la nostra ombra, possiamo però comprenderla, fare luce su quella parte negata di noi, trasformarla e utilizzarla per la nostra rivoluzione interiore.

 

 

L’unica rivoluzione possibile: da una vita governata dall’egoismo, dall’egocentrismo, ad una vita dove il noi, il tu ed io felici insieme, senza gli estremismi di un egoismo bieco o di un buonismo ipocrita, sono una soluzione possibile e sostenibile nel tempo.

Possiamo sfidarci ogni giorno a compiere piccole azioni che alimentato la fiducia di noi – non importa quanto piccole e proprio in quelle giornate in cui la fiducia sembra perduta.

 

 

Immergersi nella nostra ombra per scoprire che più l’ombra si staglia netta, più potente bisogna che sia la fonte di luce.

È un fenomeno naturale.

Non si disegna un ritratto iniziando ad evidenziare la parte luminosa del volto: i tratti luminosi diventano evidenti, emergono, grazie ad una sapiente distribuzione del chiaroscuro che rende il disegno tridimensionale, reale, espressivo. Vivo.

L’ombra ci indica che c’è anche la luce.

 

 

Consapevoli dell’ombra, nella luce non diventiamo spiritualmente arroganti ma rimaniamo umanamente umili, coscienti che l’ombra è – e sarà sempre – parte di noi. Come un gemello siamese, oscuro e inseparabile.

Non ci perdiamo nella disperazione – l’assenza di speranza – nei momenti in cui l’ombra sembra prendere il sopravvento, coscienti che al di sopra della spessa coltre di nubi il sole continua imperterrito a risplendere.

 

 

Il cinema è stato per molto tempo la proiezione collettiva dei nostri desideri e impulsi non riconosciuti, negati, assopiti, dimenticati.

Oggi viviamo dentro un film dell’orrore proiettato collettivamente da ognuna, ognuno di noi, i proiettori. Possiamo cambiare ciò che proiettiamo nel mondo?

Prendendo coscienza della nostra ombra, possiamo fare e portare luce in ogni angolo cieco del mondo intorno a noi.

 

 

La corruzione di un sistema sociale può continuare ad esistere nella misura in cui noi neghiamo la nostra stessa ombra e la proiettiamo all’esterno, incolpando il sistema per il nostro senso d’impotenza, e al tempo stesso sentendoci vittime di quel sistema ingiusto.

Quando mi sento vittima provo rancore e mi autocommisero.

Quando decido di assumermi la responsabilità del mio cambiamento, utilizzo la rabbia come passione per la giustizia, e il dolore come saggezza e compassione verso di me e verso i miei simili.

 

 

E potrebbe essere utile ricordarci che i tiranni – che siano demagoghi in posizioni di potere o amanti narcisisti – sono temuti, mai rispettati.

Vivono nella paura e nel sospetto.

Temono la loro stessa ombra. Essendo ossessionati dal controllo, sono fuori controllo.

Sono governanti incapaci di governare se stessi in primis. E quindi incapaci di sentire ed esprimere amore verso i propri simili.

Prigionieri della loro stessa arroganza.

 

 

E noi potremmo cambiare il mondo quando rivolgiamo coraggiosamente lo sguardo all’interno di noi, iniziando a farci delle domande, mettendo in discussione, sfidando attivamente quel monologo tossico nella nostra mente che ci fa cercare soluzioni la fuori – dove il cambiamento non dipende da noi.

Decidere di assumerci la responsabilità – il potere – di cambiare sguardo, cambiare modo: dall’esterno all’interno, dove una possibilità potrebbe esistere, anche quando non sappiamo come realizzarlo quel cambiamento.

Che ne dici se insieme ci aiutiamo e ci sosteniamo reciprocamente e con gentilezza a decidere tutte le volte che è necessario – anche quando non sappiamo come cambiare, anche quando perdiamo la fiducia, anche quando siamo assaliti dai dubbi e in preda alla paura – ad assumerci la responsabilità delle nostre piccole azioni quotidiane, delle nostre parole e dei nostri pensieri, per fare e portare luce nella nostra ombra e proiettare quella luce in tutti gli angoli ciechi del nostro mondo?

Potremmo essere noi – parafrasando l’ingiunzione attribuita a Gandhi – il cambiamento che desideriamo vedere nel mondo?